Julio Gonzalez: “Cari tifosi a Vicenza ho imparato a non mollare mai, tenete duro” -VIDEO-

 

Il video messaggio del campione rimasto nei cuori dei tifosi vicentini. Direttamente dal Paraguay ha voluto far sentire la sua vicinanza a chi lo ha incitato e ancora si emoziona a rivederlo. Situazione difficile ma non compromessa, secondo l’ex attaccante, che invita a non mollare mai proprio come ha fatto lui.

LA STORIA DI JULIO

Il 22 dicembre del 2005, alle cinque del mattino, la macchina guidata da Julio Valentin Gonzales, calciatore del Vicenza, è coinvolta in un grave incidente lungo l’autostrada A4 tra i caselli di Grisignano (Vicenza) e Padova Ovest assieme a due mezzi pesanti e a un’altra vettura.

Julio Gonzales è alla guida e sta portando all’aeroporto di Venezia il suo compagno di squadra, Ruben Grighini. Uno schianto terribile e poi il buio.
Gonzales gioca in serie B con il Vicenza e, per la gioia del suo allenatore Giancarlo Camolese, arriva da otto gol nelle prime quindici giornate. La Roma gli ha appena fatto firmare un precontratto per la stagione successiva. Per il ragazzone di 24 anni nato e cresciuto in Paraguay, ad Asuncion, tirando calci alla palla, il coronamento di un sogno è a un passo.
Quello schianto, però, rischia di portarsi via sia i sogni che la vita di Julio. Mentre Grighini ne esce solo acciaccato, Gonzales vien ricoverato a Padova in prognosi riservata. In 24 ore gli vengono effettuate una trentina di trasfusioni, poi l’intervento chirurgico: 12 ore dopo, il primo bollettino medico: «Parametri vitali stabilizzati e sotto controllo».
Il mondo del calcio tira un sospiro di sollievo, la città di Vicenza vuole riabbracciarlo presto. Julio è sempre stato un personaggio positivo, espansivo e socievole. Dagli inizi nelle giovanili dell’Olimpia Asunciòn, il club più blasonato del Paraguay, Julio non ha più smesso di giocare a pallone. A diciannove anni passa al Guarany, l’altra squadra storica di Asuncion e l’unica assieme all’Olimpia a non essere mai retrocessa dalla serie A. Gonzales segna tanti gol, diciassette in ventinove partite, ed è notato da molte squadre europee. Se lo assicura il Vicenza.

L’arrivo in Veneto e i primi anni sono faticosi. Il salto dal calcio sudamericano tutto istinto e tecnica ai campi italiani, dove la tattica delle difese è asfissiante, non è semplice. Poi, come in un incantesimo, dopo l’argento Olimpico nel 2004 con la nazionale paraguayana, per Gonzales tutto inizia a filare bene.
Fino a quella terribile notte, quando l’incantesimo si spezza. Scampato il pericolo di vita, per Julio arriva un’altra mazzata del destino: il 17 gennaio un altro bollettino medico è spietato: gli deve essere amputato il braccio sinistro.

Ma  Gonzales sa alzare la testa. Si risveglia dal coma e l’emozione è un fiume in piena: «Da quel momento ho capito che ero ancora vivo», racconta. «Oggi, ogni giorno che mi sveglio e vedo la luce del sole, ringrazio Dio, tutto è una benedizione di Dio».
Una fede profonda e una volontà d’acciaio portano Julio fuori dall’ospedale, lo spingono di nuovo nella sua vita, gli sussurrano all’orecchio un’idea impossibile: tornare a giocare a pallone e ad allenarsi.
Così, nell’estate del 2006 già si parla di miracolo; Gonzales è quasi pronto per rientrare. Il «Menti», lo stadio di Vicenza, lo aspetta con l’inizio del nuovo campionato. I test sportivi sono tutti positivi ma, perentoria, la Federazione spranga la porta: mancata idoneità sportiva. Una regola discutibile non permette ad un uomo giovane e sano, ma senza un braccio, di giocare a calcio.
Questa strana regola italiana, se possibile, ferisce il cuore di Gonzales quanto la sfortuna che gli ha martoriato il corpo. Julio lascia l’Italia per tornare a giocare in Paraguay, dove disputa ancora qualche campionato in massima serie prima di decidersi, dopo l’ennesimo infortunio, ad appendere le scarpe al chiodo. Una decisione sofferta, ma solo sua. La conclusione della sua carriera è una scelta, non un finale amaro imposto da un incidente stradale.

Oggi Julio lavora per l’Inter, ha trovato la sua dimensione in un ambiente che conosce bene diventando responsabile di Inter Campus in Paraguay e, con il patentino di allenatore in tasca, fonda la propria scuola calcio per giovani calciatori chiamata Los Halcones, per far volare qualche futuro campione e dar speranza ai bambini che sognano di diventare come lui.